Questo è un pezzo di storia della mia famiglia. Non c’è altro a cui sia così gelosamente affezionata.
Ha circa ottant’anni, anno più anno meno…
Su quella sella pedalava mia nonna, quando, “in tempo di guerra” (così lei diceva), fu costretta a sfollare da Milano bombardata a Mozzanica, nella bergamasca.
Su quella sella ha poi pedalato il nonno ferroviere per raggiungere la stazione, quando il suo turno iniziava il mattino prestissimo, prima ancora che i tram prendessero servizio.
Su quella sella ho poi pedalato io, una volta cresciuta abbastanza…e quella bici, che per me era ed è la più bella al mondo, mi ha accompagnata per tutto il tempo dei miei studi, ogni santo giorno, con il bello o con il cattivo tempo.
Siamo state investite: io sono finita all’ospedale e lei in officina. Ma non ci siamo spaventate, né io né ancor meno lei, che neanche aveva avuto paura dei bombardamenti.
È il mio mezzo green. E verde l’ho voluta verniciare, quando la ruggine la minacciava.
Amo i suoi freni a bacchetta, le ruote grandi, e quei 22 kg che, quando pedali accanto ad altri ciclisti, ti pare di essere ferma…
Mandarla in pensione? Sarebbe un tradimento. È nella mia storia da sempre e lì rimane.